Parliamo di invalidità
marzo 28, 2018
Cari Amici,
riscontro spesso lo sconcerto ed il disorientamento a fronte del riconoscimento dei gradi percentuali di invalidità civile molto diversificati da persona a persona ed apparentemente ingiustificabili. Assistiamo, infatti, all’attribuzione di percentuali di invalidità conseguente a stomia, che oscillano, ad esempio, dal 41% (cod. 6437, Gastroenterostomia – Neostoma funzionante III classe), al 40/50% (cod. 8204, Megacolon – Colostomia III classe), al 70% fisso (cod. 9323 per esiti di neoplasie a prognosi favorevole, con grave compromissione funzionale); ma è di immediata evidenza che la causa (neoplasia, morbo di Chron, etc.) dell’intervento che porta al confezionamento di una stomia, è del tutto irrilevante al fine di stabilire quale sia il suo grado di compromissione nella vita civile. In altre parole, è la condizione di stomizzato (ovvero qualunque altro disabile) che deve essere oggetto di punteggio, che identificherei in una percentuale di base fissa, trattandosi di una disabilità che, una volta accertata, condizionerà per sempre la vita della persona.
Al riguardo, nella determinazione della percentuale conclusiva, ovviamente ed al di là di quella fissa relativa alla stomia, concorrerà la valutazione del quadro clinico complessivo della persona e quindi, di tutte le altre patologie da cui la medesima sia eventualmente affetta. Non ultimo, il punteggio di invalidità percentuale da riconoscere, dovrà sempre tenere conto del pregiudizio psichico, specialmente di quello correlato al reinserimento nella vita quotidiana familiare e lavorativa. Le osservazioni appena fatte conducono ad auspicare una radicale revisione, da parte delle istituzioni sanitarie e sociali, della particolarissima condizione degli stomizzati e dei diritti da riconoscere loro. La risposta è, quindi, nella codificazione in un unico testo normativo valido su tutto il territorio nazionale, dei diritti immediatamente fruibili dagli stomizzati. Una simile soluzione, ridurrebbe sensibilmente il rischio, in sede di visite di revisione, di vedersi ridurre, senza apparente giustificazione, attesa l’immutabilità della situazione, il grado di invalidità civile ed i conseguenti riconoscimenti già ottenuti in precedenza.
Ottenere l’invalidità
Ecco alcune sintetiche “istruzioni per l’uso”, da tenere presenti quando si presentano le domande di riconoscimento dell’invalidità civile e della condizione di handicap. Dal gennaio 2010, in forza della Legge 102/2009, la domanda si inoltra in via telematica (personalmente o tramite patronato) direttamente all’INPS, che rilascia un numero PIN di identificazione e mediante il quale si può accedere ai propri dati e verificare la propria posizione, previo rilascio da parte del medico a ciò abilitato (di regola il medico di base) di un “numero di certificato introduttivo”. Il medico certificatore consegnerà contestualmente anche in forma cartacea il documento attributivo del certificato, da esibire obbligatoriamente alla Commissione Medico Legale il giorno della visita; è quindi il caso di conservarlo con attenzione. È opportuno richiedere sia quello dell’invalidità civile, cui consegue l’assegnazione della relativa percentuale, che il riconoscimento della situazione di Handicap (sono domande distinte, ma risolvibili nella medesima visita, purché formulate entrambe), riferendosi (se ne sussistono i presupposti) all’art. 3, co. III della L. 104/92 (c.d. “connotazione di gravità”, indispensabile per i benefici in ambito lavorativo).
La visita è “fiscale”, non è terapeutica e dura pochi minuti; quindi, soprattutto se si è affetti da più patologie, è preferibile affrontarla (come è facoltà prevista dalla legge) insieme ad un medico di fiducia (il cui onere è però a carico del paziente), che ovviamente andrà contattato per tempo, anche per permettergli di prepararsi al breve, ma decisivo, confronto con i colleghi della Commissione. Se l’esito della visita non fosse soddisfacente, il verbale di accertamento potrà essere impugnato mediante un giudizio, promosso davanti al Tribunale territorialmente competente, entro sei mesi dal relativo ricevimento; quindi conservate anche la busta che lo contiene, perché v’è il timbro che prova la data di ricezione (che voi, comunque, appunterete anche a matita sulla busta, che allegherete al verbale; i timbri non sempre si leggono).
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