Sindrome compartimentale addominale: definizione ed epidemiologia
aprile 11, 2019
La WSACS (World Society of Abdominal Compartment Syndrome) definisce la sindrome compartimentale come una pressione intra-addominale > 20mmHg che è associata ad una disfunzione/collasso d’organo. L'addome può essere considerato come una scatola chiusa da pareti rigide (arco costale, vertebre, pelvi) ed elastiche (diaframma, parete addominale) e la pressione all'interno di questa scatola dipende dal suo contenuto (direttamente proporzionale) e dalla compliance (inversamente proporzionale) delle pareti. Qualsiasi aumento del contenuto (come l’aumento del volume dei visceri intestinali, la presenza di ascite e la presenza di sangue) o riduzione della compliance delle pareti (ad esempio le ustioni, l’edema interstiziale, e le ferite chirurgiche addominali) determina un’ipertensione della pressione addominale (IAH). IAH interferisce con la funzione polmonare, cardiocircolatoria, intestinale e renale.
Pressione intra-addominale
La pressione intra-addominale (IAP) è la pressione stazionaria nascosta all'interno della cavità addominale. Lo standard di riferimento per le misurazioni IAP intermittenti è attraverso la vescica con un volume di instillazione massimo di 25 ml di soluzione salina sterile. IAP deve essere espressa in mmHg e misurata sul paziente in posizione supina dopo aver assicurato che le contrazioni muscolari addominali siano assenti e con il trasduttore azzerato a livello della linea della cresta iliaca. La IAP media nei pazienti in terapia intensiva è di circa 5-7 mmHg. La IAH (ipertensione intra-addominale) è definita da valori di IAP> 12 mmHg; mentre la ACS (sindrome addominale compartimentale) è definita da valori di IAP> 20mmHg. Secondo la WSACS, la IAP è classificata come segue:
La WSACS ha definito una serie di fattori di rischio per il quale è necessario iniziare il monitoraggio della pressione intra-addominale, si potrebbe consigliare l’utilizzo di questa scheda per il monitoraggio, stillata dalla ditta Convatec, presso i reparti di Terapia Intensiva e Rianimazione.
FATTORIDI RISCHIO ALL’ INIZIO DEL MONITORAGGIO
- Chirurgia addominale
- Acidemia
- Pancreatiteacuta
- Età
- Gastroparesi/Distensionegastrica/Ileo
- Emoperitoneo/Pneumoperitoneo/Peritonite
- Incremento APACHE-II o SOFA
- Infezioneo ascessointraddominale
- Disfunzioneepaticao cirrosi+ascite
- Traumimaggiori
- Elevatafluidoterapia
- Ventilazionemeccanica
- PEEP>10
- Politrasfusione
- Posizioneprona
- Sepsi
- Shock o ipotensione
- Ustioni
Effetti sistemici
- Gli effetti cardiovascolari sia nella clinica, sia nei modelli sperimentali si constata una diminuzione della gittata cardiaca, proporzionale all’aumento della IAP. Diversi fattori, più o meno correlati tra loro, possono spiegare siffatta diminuzione:
1. riduzione del ritorno venoso (precarico): la riduzione del ritorno venoso sub diaframmatico è correlata all’aumento della IAP (sperimentalmente è stata osservata una diminuzione del flusso nella Vena Cava Inferiore –VCI maggiore al 60% quando la IAP passava da 7 a 55 cmH2O).
2. aumento del post-carico: è stato ben documentato in corso di chirurgia laparoscopica. Tale aumento ha varie possibili spiegazioni:
- una compressione del letto capillare, che pur essendo stata presa in considerazione, non ha però avuto conferma;
- l’effetto della secrezione di sostanze con azione vasopressoria (catecolamine, ormone antidiuretico), importante, ma almeno in parte, secondario all’ipovolemia efficace;
- la diminuzione della gittata cardiaca.
3. Diminuzione della compliance delle cavità cardiache: quando la pressione toracica diventa importante, il riempimento cardiaco è rallentato, come si verifica, per esempio, nel tamponamento cardiaco.
4. Riduzione del flusso ematico locale: la diminuzione del flusso sanguigno non è ovunque omogenea: si evidenzia una riduzione più importante per i flussi sub-diaframmatici, mentre quelli carotidei sono conservati.
Le informazioni fisiopatologiche sugli effetti polmonari sono frammentarie e difficili da sintetizzare in quanto derivanti da più fonti: modelli animali, non sempre facilmente confrontabili con l’uomo, e studi umani sulle conseguenze respiratorie della celio-chirurgia o sulle ripercussioni della decompressione addominale. Mentre i volumi mediastinici rimangono immutati, quelli polmonari sono ridotti. Il lavoro respiratorio, valutato mediante la misurazione della pressione intragastrica, è raddoppiato. Tale aumento, per mantenere un volume corrente pressappoco costante, si giustifica con l’incremento, IAP dipendente, della resistenza della parete toracica e dell’elasticità polmonare. Per quanto riguarda gli scambi gassosi, nei modelli animali si ritrovano una progressiva ipossiemia ed ipercapnia, che giustificano il contemporaneo aumento del lavoro respiratorio e delle modificazioni del rapporto ventilazione/perfusione indotte dalla compressione toracica. Si osserva, altresì, l’evoluzione parallela della IAP e della pressione intra-pleurica. Gli effetti ventilatori dell’aumento della IAP non si manifestano, tuttavia, in maniera univoca: per aumenti moderati di IAP (< 17 cmH2O) sono stati osservati degli aumenti di PaO2.
Il ruolo dell’infermiere nel monitoraggio della pressione intra-addominale
Fino ad ora sono stati analizzati i vari aspetti procedurali e fisiopatologici del monitoraggio della pressione intra-addominale, ma un altro elemento fondamentale per il recupero funzionale del paziente risulta essere un attento e completo monitoraggio intensivo, iniziato alla presa in carico del degente e terminato quando i parametri vitali vengono stabilizzati ai valori di norma. Tale compito viene svolto dall'infermiere, attraverso:
- la rilevazione delle modificazioni dello stato clinico;
- il riconoscimento immediato degli eventi avversi che si potrebbero verificare;
- la comunicazione e la collaborazione con il medico e le altre figure sanitarie, per eventuali modifiche del piano terapeutico-assistenziale.
Per rendere possibile il tipo di monitoraggio descritto sopra, devono essere soddisfatte una serie di esigenze: deve essere accurato; attendibile; continuo, permettendo di registrare i dati rilevati nell’arco del tempo; sicuro, per il paziente e per chi lo utilizza.
L’infermiere deve conoscere la procedura e la corretta modalità della misurazione della pressione intra-addominale; conoscere i range di ogni stadio della pressione intraddominale e soprattutto riportare tutto in cartella e mantenere un monitoraggio costante del paziente. Non si dimostra un compito semplice anche per la componente relazionale che risulta difficoltosa, poiché il paziente nella maggior parte dei casi non è cosciente. L’infermiere di area critica deve avere capacità decisionali ed essere in grado di agire tempestivamente, in particolare nella rilevazione e valutazione dei parametri vitali e nel loro monitoraggio nel tempo, in considerazione della possibile rapida precipitazione degli stessi. L’infermiere di area critica opera in diversi contesti, tra i quali si inserisce quello del servizio di emergenza/urgenza. Innanzitutto, è necessario specificare la differenza tra “emergenza” e “urgenza”: con emergenza ci si riferisce a condizioni patologiche ad insorgenza improvvisa e di rapida evoluzione in cui le condizioni vitali del paziente sono talmente critiche da comprometterne la sopravvivenza e che, pertanto, necessitano di interventi repentini; mentre con il termine urgenza ci si riferisce a condizioni patologiche che, pur avendo insorgenza improvvisa, determinano un pericolo di vita calcolato in ore, non in minuti, per le quali è comunque necessario intervenire nel minor tempo possibile.
Dottor Pulvirenti
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